Fefè De Giorgi è una leggenda vivente della pallavolo mondiale. Dopo aver fatto parte della ‘Generazione di Fenomeni’ che a cavallo degli anni ottanta e novanta ha vinto tre Mondiali e un Europeo si è ripetuto anche da alleantore, conquistando nuovamente Mondiali ed Europei alla guida della Nazionale italiana. Ma tutto è nato quasi per caso, a causa del troppo amore per calcio…
Cominciamo dalla fine… La vittoria dei mondiali di Polonia e Slovenia: a qualche settimana dal trionfo vi siete resi conto di cosa avete combinato?
Diciamo che più i giorni passano, più prendiamo consapevolezza di aver fattio qualcosa di speciale. Per noi rivincere dopo 24 anni è stata una cosa storica e a questo si aggiunge anche il discorso di un progetto nuovo, con un gruppo giovane e un cambio generazionale importante: un po’ a sorpresa dopo pochi giorni dall’inizio del lavoro abbiamo vinto l’Europeo lo scorso anno, vincere anche il Mondiale e riuscire confermarci è stato qualcosa di particolare, bellissimo e importante per la squadra e per tutto il movimento!
Anche l’ultima volta, sei stato protagonista, nel 1998. Giocavi…
Sono emozioni e sensazioni diverse, da giocatore la gioia è molto dirompente: vivi le emozioni con la squadra ma senti molto la vittoria anche a livello personale. Da allenatore è diverso, è come se ti sedessi a tavola a mangiare e potessi gustare tutti gli ingredienti del piatto. E’ una sensazione più completa, più lenta, perchè sai che hai dovuto incidere su tante cose, dalla scelta della squadra, alla formazione, alla preparazione.
La tua generazione è passata alla storia come ‘Generazione di Fenomeni’, questa ha già vinto Mondiali ed Europei…
Intanto non credo che convenga fare paragoni, quella è stata una generazione che si è guadagnata uno spazio importante nella storia ed è stata fondamentale per il volley italiano. Questi sono ragazzi giovani, talentuosi: avevamo una media di 23,8 anni, con 12 esordienti su 14. E’ un gruppo che sa stare bene insieme, ha buoni valori, una grande cultura del lavoro. Non so che nomignolo gli troverà la stampa, sicuramente ci sono grandi valori umani, non solo tecnici.
Piu difficile allenare o giocare?
La verità è che allenare è piu decisamente più complicato. Da giocatore hai i tuoi tempi ma fondamentalmente devi pensare a fare bene tu. Da allenatore potenzialmente non ti bastano 24 ore tra allenamenti, video, incontri, riunioni: se dovessi dare un consiglio a uno dei miei ragazzi gli direi di giocare fino a che può…
Hai giocato fino a 41 anni, ecco perchè… Come è cambiata la pallavolo in questi anni?
La pallavolo è cambiata, non molto ma è cambiata. Basta pensare alle nuove regole e all’eliminazione del cambio palla: si è di fatto dimezzato il numero delle azioni e lo sviluppo del gioco è diventato molto più veloce. La gestione degli errori è molto diversa, però alcune cose rimangono sempre le stesse, come la tecnica, la capacita di usarla e di metterla al serivzio della squadra e del gruppo.
Prossimo obiettivo? L’Oro Olimpico ancora ci manca…
Onestamente non sono ossessionato da questa cosa, la nostra filosofia è stata quella di credere in questo progetto, di crescere cercando di vincere: affronteremo le situazioni di volta in volta per continuare a crescere e costruire. L’anno porssimo ospiteremo gli Europei in Italia, non vogliamo porci limiti, senza dimenticarci però il processo di crescita.
Parliamo un po’ di calcio, sei tifoso, hai mai giocato?
Certo! Come tutti ho inziato a giocare a calcio da bambino. Credo che in Italia sia praticamente impossibile non giocare a pallone da bambino. Ho giocato fino alle medie, moltissimo, forse troppo. La pallavolo è arrivata proprio per questo motivo: pensavo troppo al calcio e poco alla scuola e non andavo benissimo, quindi i miei genitori mi hanno gentilmente invitato a giocare meno. Ho trovato una squadra di volley che si allenava (solo) tre volte a settimana, ho cominciato a giocare e mi sono innamorato di questo sport.
E come te la cavavi?
Secondo me non ero malaccio, mi mettevano in difesa, come libero alla Scirea: ero uno che riusciva ad avere visione di gioco e tempi di intervento corretti e poi già avevo una buona elevazione… Mi mandavano in area a saltare. Insomma qualcosa del pallavolista già si intravedeva.
Mai pensato di passare al calcio?
No, sarebbe troppo complicato. I meccanismi di squadra li conosco e ci possono stare anche nel mondo del calcio, ma devi consecere bene la materia. Un allenatore, per essere credibile, deve consocere bene tecnicamente e tatticamente lo sport: il calcio mi piace molto, ma non lo conosco così bene… dovrei rimanere a Coverciano per due anni (ride)…
Però Julio Velasco a fine anni 90 è stato direttore generale della Lazio e ha lavorato anche con l’Inter…
Si, anche Montali ha fatto qualcosa con il calcio. La figura dell’allenatore in generale è importante e può portare il suo contributoa livello di idee e di cultura sportiva. Anche Guardiola ha un pallanuotista nel suo staff, Manuel Estiarte: da giocatore ha vinto tutto e mette a disposizione del calcio la sua enorme cultura sportiva. Io non escludo mai nulla, sono molto curioso e molto aperto ma è chiaro che ora ho un progetto importante con la Nazionale, almeno fino alle Olimpiadi di Parigi 2024, quindi la mia testa è li!
Secondo te cosa manca in questo momento al movimento calcistico per essere vincente come quello del volley?
E’ complicato e dare giudizi non è semplice e non mi piace. Roberto Mancini ha fatto una cosa importantissima con il cambio generazionale della Nazionale, io devo confessare che ho tratto ispirazione dalla sua iniziativa. Forse è mancata un po’ di continuità.
Parliamo di stacchi aerei… Qualche anno fa Cristiano Ronaldo ha colpito il pallone di testa a 2.56 metri di altezza, chi vedresti bene come schiacciatore tra i calciatori di serie A?
Ahahah, quelli che sanno usare le mani meglio sono i portieri, Handanovic ad esempio. Il portiere in generale avrebbe le caratteristiche del pallavolista. Come opposto invece vedrei bene Lukaku, ha il fisico per spaccare tutto, bisognerebbe insegnargli a prendere la rincorsa!
E invece un palleggiatore di qualità? Chi rubiamo a Mancini?
Direi Barella, ma anche Jorginho è uno che detta bene tempi di gioco. Sono tutti piccolini come me! Ero l’unico che aveva in’altezza normale quando giocavo. Un regista se lo può permettere perchè l’importante è la gestione e la visione del gioco che può sopperire a qualche carenza fisica.
Svelaci qual è la tua squadra del cuore!
Sono salentino doc e quindi tifoso del Lecce, e poi mi piace l’Inter. Il Lecce è partito bene, ho grande fiducia in Pantaleo Corvino che è l’uomo giusto per ottenere buoni risultati e conciliarli con un bilancio sano, poi Marco Baroni è molto bravo e la società è seria. Mi sembra una squadra che alla fine troverà risultati. Sull’Inter… Come si dice? Amala! Non è un caso, o la ami oppure ogni tanto fai fatica a starle dietro. Ora è un momento un po’ difficile ma credo e spero che Inzaghi possa trovare gli equilibri giusti.
Chi vince lo scudetto?
Ho visto un bellissimo Napoli, ma anche il Milan è molto forte. Sarebbe carino che vincesse il Napoli, ma non voglio gufarla a nessuno (ride).
(Foto LaPresse)